mercoledì 19 luglio 2017

XVI DOMENICA TEMPO ORDINARIO A

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Seguitemi, andiamo su una collina per osservare dall’alto il campo di cui si parla nel Vangelo. Guardiamo cosa succede.
Noi non vediamo più il nemico, è molto tempo che è scomparso. Ciò che vediamo sono delle comunità. Vi sono i buoni cristiani, le persone tiepide, critiche, o complicate in seno alla Chiesa, i peccatori, gli indifferenti. Si fa fatica a distinguere chi fa parte del grano, chi della zizzania. Se continuiamo a guardare, notiamo delle piante che contengono sia del grano, sia della zizzania. Infine delle piante che cambiano. Il grano diventa zizzania e la zizzania grano. Nel campo regna la confusione. Vedo me stesso da qualche parte, sono tra il grano? O tra la zizzania?
Vedo anche i miei colleghi: come mai quello lì è laggiù? È incredibile, si trova dove c’è un sacco di grano. Nel campo tutto ha il diritto di crescere, tutti hanno una possibilità.
Poi vediamo, dalla nostra collina, i lavoratori. Tra di loro vi sono dei fanatici dell’ordine, dei giardinieri modello, degli artisti del paesaggio come al tempo rococò. Sognano giardini alla francese, in cui tutto è tagliato secondo le regole. Non vorrei cadere nelle loro mani. Sono pastori, o sceriffi che sorvegliano da vicino il loro settore?
Ed ecco il contadino. Noi lo indoviniamo, più che vederlo veramente. È là ad aspettare, al fondo della sua casa. Aspetta, paziente, esultando già per la messe. Chiama con tutte le sue promesse colui - che dico? - coloro che vogliono venire a lui. Ripone la sua speranza in molti, in tutti, in tutto questo campo singolare.



La profonda pazienza di Dio
 
«Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza. (...) Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento». Queste espressioni riferite a Dio che sentiamo oggi dal libro della Sapienza ci aiutano ad accogliere e a capire il messaggio della parabola della zizzania. Quando siamo noi a subire il male, infatti, vorremmo immediatamente eliminare la sofferenza che ci porta, e, spesso, anche chi ce lo sta facendo.
Perché Dio permette il male, visto che ha il potere di estirparlo subito? La parabola ci dà una giustificazione molto bella: «Perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano». Sì, nella realtà terrena non è facile separare nettamente i buoni dai cattivi. Le scienze umane oggi ci fanno comprendere che non ci sono "cattivi", ma persone ferite, svilite, negate. Come non ci sono "buoni", ma persone imperfette e peccatrici che hanno ricevuto tanto dalla vita e sono più disposte ad accettare, comprendere, condividere.
La vita è proprio il tempo fissato dal Padre per imparare, spesso dai propri sbagli, a essere figli di Dio. Chi ci sta riuscendo è un lievito per la pasta: fermenta positivamente quelli che sono più deboli.  
La pazienza e l'indulgenza di Dio nascono anche dal desiderio di strappare al "nemico" il maggior numero di creature. Per questo ha la continua speranza che tutti comprendano e portino frutto. 
 


DENTRO DI ME IL GRANO E LA ZIZZANIA

Mi piacerebbe molto, Signore, annoverarmi tra i figli del Regno,
perché frequento la tua Chiesa, mi nutro del tuo pane,
non uccido, non rubo e amo la mia famiglia.
Ma, se devo essere sincero,
nel giardino del mio cuore scorgo anche l'erba cattiva.
Noto la fatica dell'amore, la gioia e il peso di chi mi sta accanto,
la pazienza che comporta l'accettazione di come sono,
i rimproveri e la poca fiducia che do loro.
Noto le ferite che la mia lingua infligge,
o il dolore delle mie omissioni,
quando gli altri hanno bisogno di un intervento che non arriva mai.  
Noto le scappatelle di uno spazio per me ritagliato sul lavoro,  
il tempo rubato a chi con pazienza ascolta le mie sciocchezze,
il furto di fiducia e speranza
per chi assorbe il mio cinismo e la mia negatività.
Noto il cuore assopito e la mente distratta alla mensa della tua Parola,
la pretesa di avere qualcosa in cambio per il culto che ti ho reso,
le continue giustificazioni per lasciare l'impegno comunitario ad altri.
Sì, Signore, ora riconosco la zizzania che c'è in me.
Forse per questo oggi non mi va di condannare nessuno,
di erigere barriere o di marcare differenze;
anzi mi sento solidale con lui. 
E nonostante mi veda così lontano da Te,
in realtà, probabilmente, ti sono più vicino.
 

  
 



 
 
 
 

 DENTRO DI ME IL GRANO E LA ZIZZANIA

Mi piacerebbe molto, Signore, annoverarmi tra i figli del Regno,
perché frequento la tua Chiesa, mi nutro del tuo pane,
non uccido, non rubo e amo la mia famiglia.
Ma, se devo essere sincero,
nel giardino del mio cuore scorgo anche l'erba cattiva.
Noto la fatica dell'amore, la gioia e il peso di chi mi sta accanto,
la pazienza che comporta l'accettazione di come sono,
i rimproveri e la poca fiducia che do loro.
Noto le ferite che la mia lingua infligge,
o il dolore delle mie omissioni,
quando gli altri hanno bisogno di un intervento che non arriva mai.
Noto le scappatelle di uno spazio per me ritagliato sul lavoro,
il tempo rubato a chi con pazienza ascolta le mie sciocchezze,
il furto di fiducia e speranza
per chi assorbe il mio cinismo e la mia negatività.
Noto il cuore assopito e la mente distratta alla mensa della tua Parola,
la pretesa di avere qualcosa in cambio per il culto che ti ho reso,
le continue giustificazioni per lasciare l'impegno comunitario ad altri.
Sì, Signore, ora riconosco la zizzania che c'è in me.
Forse per questo oggi non mi va di condannare nessuno,
di erigere barriere o di marcare differenze;
anzi mi sento solidale con lui.
E nonostante mi veda così lontano da Te,
in realtà, probabilmente, ti sono più vicino.
 
 
 
 
VANGELO VIVO

Il viceré di Napoli fece un'ispezione su una nave, interrogando personalmente i forzati. Tutti gli si affollavano intorno, proclamando la loro innocenza e chiedendo grazia. Solo uno non si unì agli altri, anzi gridò ad alta voce che era colpevole e non meritava pietà alcuna: «Eccellenza, ho condotto una vita scellerata. Sento solo un grande rimorso e so di dover scontare le mie colpe con questo durissimo lavoro». Il viceré, sorpreso di fronte a quella confessione, ordinò che fosse subito liberato: «È l'unico delinquente imbarcato qui sopra, in mezzo a tanti innocenti. Non vorrei che con la sua presenza corrompesse l'onestà di tutta questa brava gente!»