lunedì 25 giugno 2018

TREDICESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO B


Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

 

Ecco due miracoli di Gesù legati uno all’altro. Il loro messaggio è complementare. Si tratta di due donne: una all’inizio della sua vita, l’altra al termine di lunghe sofferenze che la sfiniscono. Né l’una né l’altra possono più essere salvate dagli uomini (vv. 23 e 26). Ma sia l’una che l’altra saranno salvate dall’azione congiunta della forza che emana da Gesù e dalla fede: per la donna la propria fede, per la bambina la fede di suo padre (vv. 34 e 36). Bisogna notare soprattutto che la bambina ha dodici anni (v. 42) e che la donna soffre da dodici anni (v. 25). Questo numero non è dato a caso. C’è un grande valore simbolico poiché esso è legato a qualcosa che si compie. Ci ricordiamo che Gesù fa la sua prima profezia a dodici anni (Lc 2,42 e 49). Gesù sceglie dodici apostoli, poiché è giunto il tempo. Significano la stessa cosa le dodici ceste di pane con le quali Gesù sfama i suoi discepoli (Mc 6,43). E la fine dei tempi è simboleggiata dalle dodici porte della Gerusalemme celeste (Ap 21,12-21). Così come la donna dell’Apocalisse (immagine di Maria, della Chiesa) è coronata da dodici stelle (Ap 12,1). Senza parlare dell’albero della vita originale che si trova, in un parco, al centro della città e dà dodici raccolti. E quando sappiamo che il giorno per Gesù conta dodici ore (Gv 11,9) capiamo che i nostri due miracoli non sono semplici gesti di misericordia, ma che nascondono una rivelazione: essendo giunto il tempo, l’umanità peccatrice (Gen 3,12) è liberata dai suoi mali. Gli uomini non possono fare nulla per lei, e lo riconoscono (v. 35), ma per Dio nulla è impossibile (Lc 1,37). Gesù non chiede che due cose: “Non temere, continua solo ad aver fede” (v. 36).


Non morti, ma dormienti
 
«Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano (...). Sì, Dio ha creato l’uomo per incorruttibilità, lo ha fatto a immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono». Oggi sentiamo queste frasi perentorie del libro della Sapienza, e probabilmente ci restano alcuni dubbi. È davvero così?
La menzogna è tipica del diavolo. E se la morte, intesa come fi-ne, fosse un’illusione? Molte esperienze di confine, raccontate da chi è stato ritenuto morto e poi si è risvegliato, descrivono ricordi nitidi, pur in assenza di attività cerebrale. Sembrerebbe simile la risurrezione della figlia di Giairo, con quella fede insistita di Gesù, che ribadisce: «La bambina non è morta, ma dorme».
Evidentemente noi troviamo una differenza abissale tra il sonno e la morte. Eppure, come l’esperienza corporea degli esseri umani ha bisogno del sonno, per ritemprarsi, così sembra avere bisogno della morte, quando il fisico (corpo e mente) non ce la fa più. Sappiamo inoltre dalla scienza che tutte le realtà di questo mondo non si distruggono, ma si trasformano.  
Certo, vorremmo avere chi amiamo sempre con noi. Il dolore del lutto è il vero frutto diabolico. Nella fede in Cristo, speriamo in un ricongiungimento nel mondo di Dio, sapendo di essere sempre stati vicini, nell’amore.   


UN AMORE MI ATTENDE

Cosa succederà dall'altra parte
quando tutto per me si sarà dileguato nell'eternità
io non lo so.
Ma credo, credo soltanto che un Amore mi attende.
Penso che allora dovrò fare, povera e spogliata di ogni cosa,
il bilancio della mia vita.
Ma non crediate che io mi disperi.
Io credo, credo con tutte le mie forze che un Amore mi attende.
Quando morirò, non piangete; è un Amore che mi prende.
Né avrò paura - potrebbe essere diversamente?
Richiamatemi soltanto alla memoria che un Amore mi attende.
Egli mi renderà interamente capace
di accogliere la sua gioia e la sua luce.
Sì Padre, io vengo a te nel vento,
in quel vento di cui nessuno sa né da dove viene, né dove va,
verso il tuo Amore che mi attende.


                                                                                             (Madre A. Aimée)


VANGELO VIVO
 «È alquanto chiaro che, in primavera, io non sarò più vivo. Sperimenterò una nuova vita in modo differente. Benché non sappia cosa m'aspetta nell'aldilà, so che come Dio mi ha chiamato a servirlo al meglio delle mie capacità in tutta la mia vita in terra, Egli mi sta ora chiamando a casa. Molti mi hanno chiesto di parlare del paradiso e della vita ultraterrena. Talvolta sorrido a tale richiesta, perché ne so tanto quanto loro. Eppure, quando un giovane mi chiese se aspettavo con ansia di essere unito a Dio, e a tutti coloro che se ne sono andati prima di me, feci un collegamento con la prima volta che andai con mia madre e mia sorella nella terra natale dei miei genitori, nel Nord Italia. Mi sembrava di esserci già stato prima. Dopo anni che sfogliavo l'album di fotografie di mia madre, riconobbi le montagne, il paese, le case e la gente. Appena entrammo nella valle, dissi: «Dio mio, questo posto lo conosco. Sono a casa». In qualche modo, penso che passando da questa vita alla vita eterna sia una cosa simile. Sarò a casa» (card. Joseph Bernardin)
 

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