martedì 11 settembre 2018

VENTIQUATTRESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO B

                            Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Anche oggi si sentono le voci e i giudizi più contrastanti su Gesù: c’è chi lo ritiene un saggio, un generoso moralista, un protagonista della storia, e c’è anche chi lo calunnia, chi lo odia. Ma la sola, la vera identità di Gesù è quella proclamata da Pietro: “Tu sei il Cristo”. Se riduciamo la fede cristiana al chiuso di un orizzonte umano, per quanto nobile, siamo in errore: Cristo è venuto a portare la salvezza eterna, la speranza soprannaturale, non una dottrina per rendere più tollerabile la convivenza umana, anche se è interessato alla redenzione di tutte le realtà terrene, sempre in funzione della felicità eterna. Non basta riconoscere Gesù come Figlio di Dio: bisogna imitarlo in ciò che egli ha di più specifico, cioè nell’amore alla croce che non è il fine, ma il mezzo necessario per compiere la redenzione. Se vogliamo essere corredentori non possiamo rifuggire la croce, perché solo attraverso di essa, perdendo la nostra vita, la ritroveremo nell’eternità, partecipando alla risurrezione di Cristo.


Chi è Gesù per noi?

 

«E voi, chi dite che io sia?». Vale anche per noi questa domanda di Gesù. Dovremmo seriamente farci un esame di coscienza, non per scandagliare i nostri peccati, ma per essere consapevoli del valore del cristianesimo nella nostra vita. Dovremmo immaginare l'uomo di Nazareth con il suo sguardo nei nostri occhi, e dirgli sinceramente cosa pensiamo di lui. Se lo riteniamo un personaggio da libro di storia o un uomo di Dio; un vincente o un perdente; un leader irraggiungibile o un fratello, un amico. Se siamo d’accordo con le sue idee, e quanto saremmo disposti a perdere, per seguirlo.

A Gesù non bastano le solenni professioni di fede: il «Cristo» (=il messia che aspettavamo da secoli); il «Figlio del Dio vivente»; il «Salvatore». Ciascuno di noi, come Pietro, pur con buonissime intenzioni e perfetta teologia, può diventare Satana, un ostacolo sulla strada di Dio, che vuole il bene dell’umanità.

Gesù ci può condurre a una vita buona, bella e felice, quando impariamo a lasciarla andare, a rimetterla nelle sue mani, a fidarci di lui. Gesù non promette di cancellare le nostre croci, fatiche e sofferenze. Ci ricorda che le ha portate prima di noi, insieme alle soddisfazioni che la vita consegna a chi sa amare. Ci dice che Dio è al nostro fianco, e ci attende per aprirci la porte del suo Regno. Gesù è per noi. E noi, vogliamo essere per lui e con lui?     

   IL MIO DIO

Il mio Dio non è un Dio
duro, impenetrabile, insensibile, stoico, impassibile.
Il mio Dio è fragile. È della mia razza. E io della sua.
Lui è uomo e io quasi Dio.
Perché io potessi assaporare la divinità Lui amò il mio fango.
Il mio Dio fu un uomo del suo tempo.
Vestiva come tutti, parlava il dialetto della sua terra,
lavorava con le sue mani, gridava come i profeti.
Il mio Dio ebbe fame e sonno e si riposò.
Il mio Dio si irritò, fu passionale, e fu dolce come un bambino.
Il mio Dio fu nutrito da una madre,
ne sentì e bevve tutta la tenerezza femminile.
L'amore ha reso fragile il mio Dio.
Non amò mai il dolore, non fu mai amico della malattia.
Per questo curò gli infermi.
Il mio Dio ruppe con la vecchia morale della vendetta meschina.
Il mio Dio patì l'esilio, fu perseguitato e acclamato.
Morì giovane perché era sincero. Tremò dinanzi alla morte.
Ma il mio Dio morì senza odiare.
Morì scusando che è più che perdonare.
Per questo il mio Dio vinse la morte.
Comparve con un frutto nuovo tra le mani: la Risurrezione.
Per questo noi siamo tutti sulla via della risurrezione: uomini e cose

È difficile per tanti il mio Dio fragile.
Il mio Dio che piange, non si difende, che deve morire per trionfare.
Il mio Dio che fa di un ladro e criminale il primo santo della sua Chiesa.
Il mio Dio sacerdote e profeta che subisce la morte
come la prima vergogna di tutte le inquisizioni della storia.
Il mio Dio che soffrì il morso di tutte le tentazioni.
È difficile questo mio Dio fragile,
per chi pensa di trionfare soltanto vincendo,
per chi si difende soltanto uccidendo,
per chi salvezza vuol dire sforzo e non regalo,
per chi considera peccato quello che è umano,
per chi il santo è uguale allo stoico e Cristo a un angelo.
È difficile il mio Dio fragile per quelli che continuano a sognare
un Dio che non somigli agli uomini.

                                                                                           (Juan Arias)




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Che cosa evoca oggi la parola rivoluzione? Che cos’è oggi rivoluzionario? Viviamo in una sorta di mondo alla rovescia, dove l’illecito è diventato normale, dove i politici fanno spettacolo e gli attori, i cantanti, i comici, si occupano della politica. Dove viene scambiato il diritto per il favore. Dove la cultura è giudicata superflua e dispendiosa, praticamente inutile. Dove chi dovrebbe dare il buon esempio si vanta delle sue malefatte e giudica stupido chi si ostina a credere nella legalità, e lo discredita, lo calunnia, lo annienta. E la parola rivoluzione assume un significato più profondo, che riguarda anche il comportamento di ognuno di noi. Provo a fare un elenco di quello che per me oggi è rivoluzionario:

Rivoluzionario è il coraggio, rivoluzionaria è la sobrietà, l’educazione, la cultura, l’arte, rivoluzionario è il diritto alla scuola, al lavoro, alla salute, rivoluzionario è l’accesso alla conoscenza, rivoluzionario è il rifiuto della volgarità, anche quella dilagante dell’ostentazione del lusso, rivoluzionario è il rifiuto della violenza, anche quella verbale, rivoluzionario è dire a chi cerca di corromperti: “No, grazie”. Rivoluzionario è insegnare ai propri figli il rispetto di tutte le diversità, l’accoglienza, la compassione, la fratellanza, la capacità e la volontà di provare a condividere il dolore degli altri, rivoluzionario è combattere il pregiudizio, rivoluzionaria è la ricerca della bellezza, rivoluzionario è spegnere la televisione e dedicarsi ai propri cari, coltivare delle passioni, continuare a giocare, rivoluzionario è il sorriso, la gentilezza, l’umiltà, il saper ridere anche di noi stessi e delle nostre miserie, rivoluzionaria è la semplicità, il godere di un buon cibo, di un buon vino, rivoluzionario è divertirsi ballando fino alle quattro del mattino senza bisogno di additivi chimici, rivoluzionario è guardarsi allo specchio senza vergognarsi di ciò che vediamo riflesso, rivoluzionario è non sentirsi al centro dell’universo e guardare altro oltre noi stessi, rivoluzionario è fare bene il proprio lavoro qualsiasi esso sia, rivoluzionaria è l’onestà, anche e soprattutto quella intellettuale, rivoluzionaria è l’etica, rivoluzionario è il coraggio delle proprie idee, rivoluzionario è chiedersi sempre che cosa si nasconda dietro le notizie dell’informazione ufficiale, non smettere mai di cercare, ragionare con la propria testa e porsi sempre delle domande, rivoluzionario è l’approfondimento contro la superficialità, rivoluzionario è il giornalismo della “seconda domanda”, rivoluzionario è non piegare la testa di fronte ai potenti, chiunque essi siano. Rivoluzionario è schierarsi sempre dalla parte degli ultimi, chiunque essi siano.

Rivoluzionaria è la curiosità, la libertà di pensiero, rivoluzionaria è la coerenza, la gratitudine, la capacità di chiedere scusa, rivoluzionaria è la dignità, il rispetto, il perdono, rivoluzionaria è l’indignazione per l’ingiustizia ovunque si verifichi e avere il coraggio di gridarla, rivoluzionario è combattere l’avidità che è il più pericoloso dei mali, rivoluzionario è dare un senso alla propria vita rivendicando il diritto alla felicità ma avendo la consapevolezza che questo non passa solo attraverso il denaro. Rivoluzionario è fare ognuno il proprio dovere di cittadino ricercando sempre la verità, che è la più grande delle rivoluzioni.
                                                                                                         Fiorella Mannoia